Prospettive

La musica a volte può essere un angolo in cui raccoglierci, un angolo della mente, un momento di riflessione, un po’ di solitudine nella quale ogni tanto isolarci per ritrovare il nostro sentire, per lasciare il rumore del mondo dall'altra parte, in un’altra stanza. L’angolo della memoria, dei ricordi, del silenzio. Spesso gli angoli sono i luoghi dove lasciamo che la polvere si raccolga o dove magari nascondiamo un mobile che non ci piace… ma può anche essere il luogo dal quale guardare le cose da una prospettiva diversa. Da una diversa “angolatura”. Magari attraverso un nuovo suono, una scala inusuale, un rumore inaspettato, i suoni a volte anche insoliti e originali della natura… un modo per aprire i nostri orizzonti “mentali”. Proviamo ogni tanto a uscire dagli angoli impolverati delle abitudini. Attraverso l’ascolto! 
E se ad ogni angolo, la geometria ce lo insegna, corrisponde uno spigolo, i nostri sono fatti anche di musiche, di canzoni, di autori che proprio non riusciamo a digerire, ad apprezzare: li rifiutiamo, ci “innervosiscono”. Chiediamoci perché. Scoprirlo ci dirà molto di noi e delle nostre esperienze musicali, dei nostri gusti, dei luoghi comuni nei quali inevitabilmente e nostro malgrado abbiamo sviluppato il nostro ascolto. Chi tra noi non è più ragazzo, sa bene che alcuni degli “idoli” del passato, ascoltati anni dopo, confermano in pieno quello che erano i nostri sentimenti di allora. Ma sa altrettanto bene che a volte invece perdono miseramente ogni presa su di noi e ci chiediamo cosa mai ci abbiamo trovato allora… 

È necessario insinuarsi con passione, addentrarsi in profondità, esplorare quasi con spirito avventuroso ogni aspetto del discorso musicale, sia teorico che pratico. Osservare con attenzione i particolari, i dettagli che possano arricchire il nostro modo di ascoltare così come il nostro desiderio di esprimerci e comunicare. Qualsiasi particolare può essere un indizio che ci porta verso la giusta comprensione dei concetti, ma soprattutto verso la scoperta del gusto nel processo di elaborazione musicale (che sia compositivo o improvvisativo). In un certo senso dobbiamo allenarci alla creatività, a un metodo che stia tra l’analisi e l’intuizione, l’uso libero delle associazioni e la capacità di riconoscerle. Si tratta di un percorso. Uno studio vero e proprio, una serie di passaggi da un livello inizialmente elementare che crescerà con la nostra tecnica, la nostra capacità di ascolto e di espressione. 

Innanzitutto, potremmo partire dall'ascolto. Permettetemi una piccola provocazione: la parola che dovreste tener presente quando ascoltate musica dovrebbe essere “intelligenza”. In questa sede intendo, naturalmente, non l’ascolto come consumatori, ma cose musicisti, come studiosi ed esperti. Non si tratta di “ascoltare” semplicemente le cose che vi piacciono. Vi propongo anche la definizione di intelligenza, in modo da essere sicuro di non essere frainteso: l'etimologia della parola intelligenza (da http://www.etimoitaliano.it) si fa risalire all'avverbio latino intus = dentro ed al verbo latino legere = leggere, comprendere, raccogliere idee e informazioni riguardo a qualcuno o a qualcosa. Quindi, l'intelligenza è la facoltà di comprendere la realtà non in maniera superficiale ma, andando oltre, in profondità, per coglierne gli aspetti nascosti e non immediatamente evidenti. Un'altra interpretazione etimologica del termine meno diffusa preferisce ad intus la preposizione inter = tra. Per cui, intelligenza sarebbe la capacità di leggere (...tra le righe), di scoprire relazioni ed interconnessioni tra i vari aspetti della realtà per giungere ad una comprensione più ampia e completa di essa. 
Utilizziamo, quindi, l’ascolto intelligente in due modi. Il primo è esplorativo. Ascoltare diversi generi e diversi strumenti. In questa fase impariamo a riconoscere i generi, gli strumenti, la musica di altre culture e tutto quello che può arricchire la nostra capacità di attenzione e competenza musicale e spingerci ad andare sempre oltre. Il secondo tipo di ascolto deve essere approfondito in un certo senso è più impegnativo e richiede un livello di comprensione musicale più avanzato. Impareremo quindi a fare un’analisi stilistica, a comprendere e riconoscere le tecniche utilizzate dai chitarristi, riconoscere le scale, le tonalità ecc. La finalità è quella di arrivare a una formazione completa attraverso, direi, un’integrazione dei diversi percorsi di studio: teorico, pratico, culturale, di formazione dell’orecchio e quant'altro. 

Assieme all'ascolto attiviamo anche la nostra capacità di “sentire”. Sentire con i sentimenti. L’importanza dell’insegnamento e dell’ascolto dei maestri. La musica è culturalmente un lascito, un’eredità preziosa che più viene utilizzata e più acquista valore. Un magazzino senza pareti (il cielo in una stanza, come dice Gino Paoli) dal quale possiamo cogliere tutto ciò che ci serve per arricchire la nostra fantasia, la nostra capacità di immaginare e liberare le idee. È un mondo di emozioni, sentimenti, comunicazione e interazione continua col passato, il presente e il futuro. Uno stimolo per far crescere la nostra sensibilità e capacità di ascolto ed espressiva. In un certo senso la comunità musicale (intesa come l’insieme dei musicisti, dei compositori, di chi dà o ha dato un contributo allo sviluppo della musica) può essere intesa come una sorta di intelligenza collettiva alla quale, spontaneamente, ci si sente legati e partecipi nel momento in cui si incomincia ad acquisire consapevolezza musicale. Come musicisti, siamo in qualche modo partecipi di un pensiero che richiama l’idea di unione, di appartenenza. Insomma, una sorta di (ognuno a modo suo) elementi di un’autopoiesi musicale. Naturalmente è anche grazie a questo continuo contributo ed evoluzione che possiamo trovare lo stimolo per la nostra creatività. 
Per esempio mentre scrivevo il manuale, per la naturalezza con cui si snodavano e “uscivano” gli argomenti che avevo in mente, ho spesso avuto l’impressione, non tanto di pensare cosa scrivere, ma di attingere a una fonte, a una specie, appunto, di magazzino, un luogo comune che è la conoscenza di tutti e non solo dei miei studi. Se volete potete definirla collettiva. E forse è un po’ così anche quando s’improvvisa. Vi invito e vi lascio alle vostre impressioni e riflessioni. 

Pur puntando a mettere un alto livello tecnico al servizio della nostra capacità musicale creatività e fantasia possono fare a meno di spese folli di produzione o particolari virtuosismi, formule tipiche dell’industria dello spettacolo. Abbiamo esempi di programmi televisivi, spesso anche molto aggressivi, che abituano ad ascolti di facile presa dove, ammettiamolo, la tecnica più che al servizio dell’arte sembra esibita per cercare di nascondere la mancanza di idee e di personalità. Sovente crediamo di essere esperti solo perché ascoltiamo tanta musica e magari suoniamo uno strumento, in realtà siamo addestrati a modelli di consumo e di fruizione musicale “guidata” dal mercato. L'addestramento, però, non è un sapere. Il sapere è un percorso, una conoscenza che stimola a capire oltre che a fare. Purtroppo, oggi la musica, nei nostri luoghi di incontro (o nei cosiddetti non-luoghi), è spesso una sorta di ronzio continuo di sottofondo. Anestesia, stordimento, inoculati attraverso gli altoparlanti nei luoghi pubblici, ma anche tramite le cuffiette e i nostri auricolari. Nei luoghi del consumo, in particolare, la musica stessa diventa consumo e anti-creatività. 
Nei corsi di degustazione del vino per sommelier, per spostarci in un altro campo, grande importanza e attenzione viene data all'aspetto percettivo. La capacità di riconoscere le fragranze e le sfumature viene definita come una “percezione sensoriale complessa” e spesso si parla di equilibrio e armonia nel valutare la qualità di un’annata e le caratteristiche organolettiche. Nell'ascolto musicale e in molti corsi di musica, invece, a volte sembra che gli elementi sensoriali complessi siano lasciati un po’ in disparte per arrivare più in fretta a “fare” qualcosa. In questo genere di modelli di ascolto si creano dei pattern (a discapito dell’attenzione selettiva) che modificano o condizionano le modalità di fruizione musicale e la capacità di approfondire le analisi di comprensione del linguaggio musicale. 

Elaboriamo ancora un po’ l’idea e le varie prospettive che abbiamo a disposizione per approfondire le nostre conoscenze. Leggiamo, intanto, la definizione di intuizione secondo Edward de Bono che può, tra le altre cose, chiarirci le idee e aiutarci a vederne il confronto con quella di creatività. Il termine intuizione ha due accezioni, entrambe corrette. Ma corrispondono a due funzioni del cervello del tutto diverse. L’intuizione può essere intesa come l’improvviso rendersi conto di qualcosa. Qualcosa che veniva visto in un modo a un tratto viene visto sotto un’altra luce. Può avvenire nell'attività creativa, nelle scoperte scientifiche o matematiche (provate a cercare anche il temine “serendipity”). L’altro uso del termine intuizione è percezione o comprensione immediata di una certa situazione. È il risultato di un giudizio complesso basato sull'esperienza – giudizio che probabilmente non può essere spiegato né espresso a parole. Riconoscere un amico è un’azione immediata, ma risulta da un giudizio complesso basato su molti fattori. 
Nell'elaborazione dei miei manuali incoraggio spesso l'uso dell’intuito e del libero pensiero, fornendo anche indicazioni pratiche ed esercizi utili in fase di studio e per esercitarsi nella tecnica. Consiglio anche di riflettere sulla parte relativa agli emisferi cerebrali e sul fatto che allo studio possiamo aggiungere momenti di ponderazione e di critica, ricerca di soluzioni personali e così via. Lo studio non deve essere solo apprendimento di nuove nozioni. Impariamo a pensare e a prenderci il tempo di assimilare le nuove nozioni, ristrutturarle o rielaborarle sulla base delle nostre emozioni e della nostra sensibilità. Possiamo non lasciar prendere il sopravvento alla sequenzialità e ai meccanismi automatici della mente e della memoria. Molto interessante, da questo punto di vista, quello che dice De Bono: il nostro cervello è progettato per costruire schemi, non per essere creativo, ma grazie a un diverso atteggiamento è possibile superare tali limiti, non semplicemente reagire agli stimoli. Imparare ad essere creativi, a pensare “attivamente” è fondamentale se vogliamo arrivare a costruire una nostra personalità artistica ed espressiva. 

Sperimentate questo modo di pensare nel vostro metodo di studio, sulla chitarra, ma anche a scuola o in altri ambiti. Lasciate che sia il vostro spontaneo senso interiore a scegliere la vostra musica e non gli schemi culturali e commerciali di una società in frantumi alla ricerca continua di catalogazione. Provate magari anche con la meditazione. Ogni tanto staccate la spina col “fuori” e cercate dentro di voi… le vostre note. Imbracciate i vostri strumenti e mettete l'overdrive all'anima.

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