Con... fusion
Cos’è Fusion? Bella domanda. Facile fare con-fusione. Non sono un amante delle etichette. Penso che catalogare la musica sia un po’ come sminuirla e ricondurla a un ruolo predeterminato e a volte artificiale. Spesso si usano alcune definizioni per comodità didattica, perché è più semplice fare riferimento agli elementi musicali che caratterizzano certi generi, per esigenze di ricostruzione storica, perché la critica o i cataloghi commerciali hanno stabilito delle regole e così via. Si tratta di definizioni consolidate e semplici da utilizzare quando si vuole riassumere in una parola realtà musicali e socioculturali molto complesse. Resta da osservare però, che questo riduce la musica a degli schemi, se non addirittura banalizza i contenuti e le dimensioni espressive di ogni musicista o di una corrente stilistica, le contaminazioni e via discorrendo. In ogni caso non di rado i confini risultano incerti o sfumati.
Per quanto riguarda il termine fusion, volendo sintetizzare e semplificare per comprendere più facilmente di cosa si tratta, potremmo usare l’espressione “rock-jazz”. Sarebbe comunque un’idea di partenza per l’inizio di un’analisi più approfondita. Vengono fatti rientrare sotto la stessa definizione Pat Metheny, Allan Holdsworth, Hiram Bullock, Miles Davis, Frank Gambale, Lee Ritenour, Larry Carlton oltre che svariate band che hanno fatto la storia negli anni ’80 e ’90, Yellowjackets, Weather Report, Spyro Gyra, UZEB e molti altri. Il termine fusion potrebbe forse sembrare una specie di aggettivo da utilizzare come: jazz fusion, rock fusion, metal fusion ecc. Anche in questo caso non è qui la sede per approfondire un argomento così complesso che richiederebbe un libro e una ricerca ad hoc. Posso consigliarvi, oltre una ricerca su Internet, di leggere la riedizione del saggio “La storia della fusion” di Vincenzo Martorella, aggiornato al panorama musicale più recente. Sono dell’idea, ad ogni modo, che come musicisti sia più importante suonare la musica che sentiamo, quella che più ci rappresenta ed esprime i nostri sentimenti e lasciare le etichette ai critici o ai saggisti, magari ai cataloghi delle case discografiche o dei vari store, come si usa dire oggi. Detto questo, impariamo naturalmente a riconoscere i generi, gli stili, i musicisti e tutto quello che è necessario e indispensabile per acquisire competenza e preparazione.
Veniamo ora agli aspetti tecnici. Alcuni elementi sonori, per esempio le nostre sempreverdi pentatoniche, sono alla base della costruzione del discorso melodico musicale, indipendentemente dal genere in cui le utilizziamo, possiamo quindi impiegarle come idea di partenza per la struttura di un'improvvisazione fusion. Le idee strutturate e organizzate con l’esercizio e il miglioramento della tecnica vi consentiranno di formare il vostro linguaggio e le caratteristiche espressive tipiche di un dato genere. I box seguenti vi permettono di esercitarvi con una modalità tipicamente fusion dell’utilizzo delle pentatoniche (ripeto! uso il termine fusion in modo generico; approfondite sempre l'ascolto dei musicisti catalogati in questo genere). Come potete “vedere”, oltre che sentire se ascoltate alcuni dei musicisti sopra nominati, si tratta di un linguaggio complesso ed elaborato, ricco di cromatismi e intervalli non sempre facili all'orecchio. Nella modifica 1 le note delle corde 5, 3 e 1 sono state alzate di un semitono, nella 2 sono state alzate quelle delle corde 6, 4, 2. Le modifiche possono essere fatte anche abbassando, invece che alzando (quindi tirando indietro di un tasto) oppure solo su alcune note, una per volta invece di due, per esempio. Potete facilmente rendervi conto che anche senza andare alla ricerca di scale particolari in questo modo abbiamo a disposizione sonorità interessanti o non convenzionali o anche non diatoniche. Che è poi quello che ci interessa, senza bisogno di dare nomi altisonanti o complicati alle scale. Ricordate che le note servono per esprimere quello che abbiamo in testa e in fondo quello che conta è la sonorità, il risultato finale.
Volendo possiamo combinare le pentatoniche con scale più complesse: le scale diminuite (ragionate sulla simmetria delle diteggiature e degli intervalli). Potete farvi un’idea del loro utilizzo ascoltando chitarristi come Scott Henderson e Mike Stern.
A proposito delle scale diminuite, ricordate che così come gli accordi (derivati dal settimo grado della scala minore armonica) hanno quattro nomi (o toniche come preferite) dato che per la loro simmetria si ripetono ogni terza minore. La diteggiatura è spesso anche faticosa per le dita, e richiede molta agilità in fase di improvvisazione. Studiatele con calma, pazienza e precisione. Alla lunga i risultati saranno evidenti e vi daranno soddisfazione. Far entrare nel proprio playing questo genere di scale è difficile anche per l’orecchio oltre che per le dita. Ascoltare una discografia scelta in modo conveniente vi può aiutare a capire e a formare il vostro gusto e a orientare il fraseggio nel modo corretto. In questa sede non è il caso di approfondire ulteriormente l’argomento. Se siete veramente interessati, vi sentite tecnicamente in grado di affrontare il tema e volete aggiungere un po’ di spezie alla vostra musica potete procurarvi Symmetrical Scales Revealed di Don Mock.
Una sonorità interessante è anche quella della doppia armonica (fate una ricerca e analizzatene la diteggiatura). Questi esercizi sono utili per visualizzare le scale, migliorare le diteggiature, entrare negli elementi tecnici dell’articolazione del fraseggio. Ora vediamo il contesto nel quale inserire gli elementi di questa lezione. Dobbiamo introdurre altri concetti che ci aiutino a entrare un po’ più in profondità nell'analisi musicale: tonale, atonale, modale.
Il sistema tonale l’abbiamo già affrontato e discusso (qui faccio riferimento al mio manuale di Chitarra Moderna oggetto di questo blog). Ogni accordo riveste una funzione precisa, la progressione degli accordi e i rapporti tra le note rispettano regole definite di tensione e risoluzione e così via. A questo punto del manuale dovrebbe già essere abbastanza chiaro, diversamente gli argomenti trattati finora per voi non avrebbero senso. Vi consiglio, in caso di dubbi e incertezze, di tornare indietro e riprendere le parti che vi risultano meno chiare. Atonale significa privo di tonalità, per esempio la musica dodecafonica è definita atonale. Arnold Schoenberg, Alban Berg, Alton Weber sono alcuni esempi di compositori di musica contemporanea che hanno utilizzato la tecnica compositiva atonale. Potete approfondire con una veloce ricerca, ma il concetto mi sembra chiaro. Non esiste un sistema atonale, ma diverse modalità compositive o improvvisative che cercano di aggirare o evitare il senso tonale dei rapporti tra le note, gli intervalli ecc., come per esempio nel free jazz. Ascoltate Ornette Coleman, Cecyl Taylor, Sun Ra, Archie Sheep, Albert Ayler per farvi un’idea (ma anche l’orecchio) e per imparare ad apprezzare (e magari suonare) questa musica. Nell'ambito atonale non abbiamo quindi un’armonia costruita per terze, le cadenze e gli altri elementi che invece sono le regole base della musica tonale. La popular music, la musica classica, il jazz tradizionale sono sostanzialmente tonali, ma potremmo dire quasi tutta la musica occidentale. Altre culture usano sistemi musicali diversi, come per esempio il Maqam arabo, la tradizione della kora in Africa o i raga indiani. Nell'antichità e nel medioevo la musica era tutta modale, il sistema tonale con l’uso delle scale equalizzate temperate e l’armonia in senso moderno sono concetti relativamente recenti entrati nella musica dal Seicento all’Ottocento.
Il concetto di musica modale può essere spiegato per semplificare le cose, come: suonare su e giù su una scala rispetto a un centro tonale (cioè una nota fondamentale o bordone). Nel nostro sistema musicale abbiamo due soli modi: maggiore e minore. Dovessimo, quindi, limitarci a suonare in modo maggiore o minore la scelta sarebbe alquanto limitata. Il sistema più semplice (e anche più utilizzato) per ampliare le nostre possibilità è costruire una scala su ogni grado della scala maggiore, come già visto. Otterremo così sette modi: ionico – dorico – frigio – lidio – misolidio – eolio – locrio. Possiamo sceglierne uno a seconda del nostro stato d’animo o di quello che vogliamo esprimere, suonare uno o più accordi (adeguatamente scelti come pedale) e suonarci sopra le nostre note. Questo è in sostanza suonare modale. Vi consiglio di prendere un testo di teoria e approfondire lo studio dei modi, i color tone e gli argomenti correlati. In ambito fusion è frequente l’uso delle scale che abbiamo appena visto in un contesto modale. In genere si indica come uno dei primi brani modali Kind of Blue di Miles Davis, ma potete anche ascoltare Maiden Voyage di Herbie Hanckok, A love Supreme di John Coltrane e poi ancora E.S.P., Fall, Impression, Pinocchio, So What e tante altre. Anche in questo caso fate una vostra ricerca e un approfondimento. Un esempio di brano modale:
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