Il ritmo

Potremmo definire il ritmo come un susseguirsi regolare di eventi sonori. Può trattarsi di un rumore, come i nostri passi sulla strada, oppure il tic-tac delle lancette dell’orologio, il battito del nostro cuore… o un suono vero e proprio, quello che a voi rende meglio l’idea e con la massima semplicità possibile vi chiarisce il concetto. Quindi, dato che il concetto e l’idea sono semplici, complichiamoli un po’ con un esempio: il tic-tac dell’orologio sovrapposto all'eco dei vostri passi in un vicolo lascia già intuire una maggior complessità. Sono quindi possibili diverse sovrapposizioni o ripetizioni anche irregolari che intersecano pulsazioni regolari di fondo. In effetti, il ritmo è molto più di un’unica scansione regolare ripetuta nel tempo. Anche solo lo spostamento articolato degli accenti rende le cose più interessanti: pensiamo alle complesse figure scandite dai tamburi africani, alle percussioni sudamericane o indiane (per esempio le tabla), al ruolo del contrabbasso e della batteria nella musica jazz, per fare solo alcuni esempi. Il ritmo è qualcosa di più del semplice metro che suddivide la misura e che permette una suddivisione regolare del pentagramma.

Saper andare a tempo è indispensabile e necessario se vogliamo fare musica, ma avere il senso del tempo, o dei tempi se preferite, è fondamentale non solo nella musica ma anche in un discorso, nello strutturare i nostri impegni, il nostro studio. Musicalmente occorre dedicare molta attenzione e molti esercizi per acquisire la capacità di stare sul tempo con disinvoltura, padronanza e capacità espressiva, senza sottovalutare nessuno di questi aspetti. È possibile trovare on line, sui manuali di lettura ritmica o ascoltando con attenzione i percussionisti, esercizi utili per sviluppare e riconoscere le figure ritmiche di base. Vi propongo ora una brevissima introduzione per chiarire ulteriormente l’argomento che, come sempre, consiglio di approfondire anche con l’aiuto di altri testi e attraverso una vostra personale ricerca.

In molte culture la musica non viene scritta, ma tramandata oralmente; è così ancora oggi per quanto riguarda le cosiddette “culture orali” come ad esempio quella dei Griot in Africa, o nella musica popolare e in generale nelle culture tradizionali. Si può vedere, a questo proposito, l’importante lavoro di ricerca sulla musica popolare svolto in Italia dall'Istituto Ernesto De Martino. Tuttavia, l’esigenza di trascrivere la musica è antichissima e risale a migliaia di anni fa. Anche se la notazione musicale in senso moderno ha origine nel ‘500 per opera del teorico Gioseffo Zarlino, diversi sistemi di notazione erano già presenti presso i Greci e i Sumeri, nella cultura cinese e indiana. La storia della notazione musicale è dunque molto lunga e complessa: ancora oggi il sistema ideografico di scrittura musicale basato sul pentagramma è in evoluzione e continuamente sottoposto a diverse proposte e ipotesi di riforma: un esempio su tutti il progetto esagramma del professor Wu Dao-Gong (cinese, come anche il primo studioso, Chu Tsai-Yu che presentò nel 1584 il sistema a temperamento equabile utilizzato ancora oggi in tutto il mondo). Questo per far fronte a nuove esigenze espressive, all'uso di nuovi strumenti o all'evoluzione tecnica di strumenti tradizionali, a nuovi sistemi di riproduzione e non ultimo all'evoluzione stessa dei linguaggi musicali. Oltre all'indubbio vantaggio di leggere in un’unica chiave, invece che nelle due chiavi di basso e violino, l’esagramma consentirebbe di ridurre di molto l’uso dei tagli addizionali, che rappresentano sempre un ostacolo per chi impara a leggere la musica. Vi consiglio di fare una ricerca sui diversi sistemi di scrittura musicale attraverso il tempo e le culture. Ritengo sia molto utile per acquisire maggiori competenze musicali e per migliorare le vostre conoscenze storico sociali.


Giambo, trocheo, dattilo e anapesto sono cellule ritmiche base (chiamate metro) che troviamo spesso nella scrittura musicale di canzoni o melodie di diverso genere (in Jingle Bell è presente l’anapesto). Il metro dattilo è frequente, per esempio, anche nel metal: suonato con i power chord crea un incedere potente e a volte minaccioso.  Il loro nome, dal senso un po’ anacronistico, arriva dalla musica medievale, che deriva a sua volta dal metro utilizzato nella poesia greca e latina e che serviva per dare ritmo e accenti ai versi. Anticamente, infatti, la musica era prevalentemente, se non quasi esclusivamente, cantata. La musica strumentale è acquisizione molto più recente. Prima dell’uso della scrittura vera e propria su spartito, era pratica dell’epoca porre gli accenti e le figure ritmiche sopra ai versi, fornendo al cantante le indicazioni per interpretare la parte. In genere il canto era accompagnato dalla lira, da qui il termine lirica e la parola inglese lyrics utilizzata per indicare il testo di una canzone. Parliamo, naturalmente, della storia della musica occidentale, altre culture hanno elaborato sistemi musicali molto diversi. Non dimentichiamo che possiamo arricchire le nostre idee, la fantasia e la nostra preparazione anche attraverso la musica di altri Paesi. Se volete affinare il vostro senso del ritmo e nello stesso tempo approfondirne la padronanza potete provare, per esempio, con la tecnica indiana Konnakol.

https://www.youtube.com/watch?v=mOMLRMfIYf0

Per farvi un’idea chiara delle figure ritmiche di base, vi consiglio di studiare duine, terzine, quartine, quintine, spostamenti di accenti, tempi irregolari e tutto quello che può arricchire e far crescere il vostro “senso ritmico”. Trovate voi il modo di sperimentare, sovrapporre, elaborare ritmicamente i pattern (sia ritmici che melodici). Con l’aiuto di un amico che suona o registrando voi stessi una base ritmica (semplicemente con le mani o la voce, un tamburo o usando le corde basse della chitarra come la base ritmica di un basso…). Cercate di rendere utili, divertenti, e “creativi” anche gli esercizi più semplici: le figure ritmiche possono per esempio essere applicate a qualsiasi tipo di scala. L’importante è che vi aiutino ad acquisire la consapevolezza che di una melodia, anche se bella, difficilmente possiamo apprezzarne il valore senza la giusta espressione ritmica e il controllo degli accenti. Accendete la fantasia. Approfondite inoltre i concetti con l’aiuto di un manuale: tempi semplici, composti e irregolari. Attenzione agli accenti: in battere, in levare o come nell'esempio della tecnica konnakol continuamente spostati e su metro ritmico dispari ecc. Se non siete ancora pratici di accenti e suddivisioni ritmiche vi sarà senz'altro necessario almeno un breve corso introduttivo, utile anche per la lettura ritmica e musicale. Le figure ritmiche possono poi essere combinate in modi più complessi su qualsiasi pattern melodico, su scale di qualsiasi genere, accordi e arpeggi.  Il ritmo shuffle è tipico del blues e dello swing. Non essendo semplice e intuitivo, consiglio sia l’ascolto attento e ripetuto dei brani più rappresentativi, sia l’esercizio su backing track apposite. I ritmi afroamericani, o sincopati, hanno dato origine ad altre varianti ritmiche, come per esempio il rithm&blues e il funk. Con una ricerca sulle varie voci potete trovare facilmente in rete le discografie e tutto quello che serve per farvi un’idea più completa. L’ascolto dei brani e dei musicisti più significativi è il modo migliore e immediatamente disponibile per apprenderne il fraseggio e il senso ritmico, per spunti, intuizioni e tutto quello che serve per approfondirne lo studio mentre andate avanti nel vostro percorso di formazione. Se volete diventare veramente esperti accompagnate, quindi, ai vostri studi molto ascolto musicale.



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