L'improvvisazione

Il cerchio rappresenta da sempre, nell'arte e nella cultura umana una figura ancestrale (come anche 
nella simbologia religiosa, ma l'analisi richiederebbe diverse pagine), un principio d’ordine e d’armonia. Il cerchio ci dice chiaramente che prima o poi tutto torna al punto di partenza, che la vita non è solo un andare sempre avanti, come invece suggerisce la freccia del tempo. La realtà e le cose non hanno un’unica direzione, a volte tornano, si ripetono. In musica lo vediamo col circolo delle quinte e delle quarte, così come anche il senso della cadenza ci suggerisce il ritorno alla tonica, al punto di inizio. Meglio ancora se pensiamo alla spirale, in musica con l’ottava (o alla scala naturale non temperata, in cui non riscontriamo la chiusura del cerchio) torniamo al nostro punto di partenza (la tonica) ma a un livello superiore. La nostra melodia ha una direzione, lo vediamo chiaramente con le note stese sul pentagramma, ma in realtà è un continuo ripetersi circolare di eventi sonori e la parola stessa di “giro” armonico ce lo dimostra. Consideriamo questo aspetto nella costruzione delle nostre frasi (musicali) e della nostra musica. Non lasciamoci guidare solamente dalle dita, a volte la padronanza dello strumento, l’aumentare delle nostre abilità tecniche prevalgono sulla costruzione di un discorso (musicale) che a poco a poco rischia di scivolare in uno sproloquio.

Questa digressione ci aiuta a introdurre il concetto di improvvisazione. Per improvvisazione s’intende, semplificando al massimo, il suonare note non scritte precedentemente. Tipicamente potremmo avere l’esposizione della nostra melodia (tema) sul giro armonico e poi uno strumentista che suona invece, note “inventate” al momento. Come succede, in special modo, nella musica jazz. Le tecniche improvvisative richiedono conoscenze musicali approfondite e una buona padronanza dello strumento. Questo affascinante universo è una continua sfida alla nostra capacità di interagire col nostro strumento, ma anche con la cultura e la società del nostro tempo che al contrario tende a catalogare e semplificare la realtà. Mettendola su un piano maggiormente filosofico, direi che più che una sfida è il nostro essere interiore alla ricerca della propria soggettività musicale e umana. Naturalmente, la creatività, il gusto e la passione… quelli dovete metterceli voi. 
L’improvvisazione è un modo ben preciso di essere musicisti. Un modo di pensare. È aver scelto di essere poeti piuttosto che semplici cronisti. L’improvvisazione è la consapevolezza di dover abbandonare le nostre note al loro destino, perché seguano la loro strada. È come l’amore per un figlio, quando è grande ci rende orgogliosi. Improvvisare è scienza e poesia assieme. È imparare a parlare, scrivere, pensare, comunicare. Tutte cose che richiedono molto studio e molto ascolto. Libertà di pensiero. 

L’improvvisazione è musica, la musica è comunicazione di emozioni e sentimenti. La capacità di esprimere e di entrare a fondo nello stato d’animo di un brano, è molto di più che suonare tante note a velocità strabiliante. I sentimenti sono sfumature, sono la combinazione di pochi elementi in grado di esprimere il nostro sentire. Trovare il modo per rendere interessante quello che si vuole comunicare o che si ha da dire è alla base di un’improvvisazione che non sia arida e noiosa o semplicemente una raccolta di modi di dire o soluzioni prevedibili abilmente combinati da una tecnica avanzata. 
L’improvvisazione è un’arte. Bisogna saper combinare lo studio e la fantasia, il gusto e la tecnica. Permettere ai nostri pensieri di incontrare quelli degli altri, di chi ci ascolta e di chi suona con noi. È un’interazione continua. Ci vuole una buona dose di generosità e perché no, anche un po’ di sofferenza, di capacità o disponibilità a scavare dentro di noi. Almeno quando si suona. Per essere riconoscibili bisogna sapersi conoscere. L’improvvisazione è un processo creativo, ma anche di apprendimento. Alla base deve esserci la comprensione e la capacità di utilizzare il materiale che abbiamo studiato. Scale, accordi, arpeggi e quindi conoscenza dell’armonia, degli elementi melodici, articolazione e pronuncia delle frasi e non ultimo un nostro personale bagaglio di esperienza con altri musicisti. 

Gli elementi di armonia e melodia sono così complessi che è necessario servirsi di un volume apposito: in commercio se ne trovano diversi, quindi, per quanto riguarda la scelta rimando al vostro desiderio di approfondimento. In questo laboratorio sono interessato ad accennare alle possibilità di crescita musicale che l’improvvisazione offre. Saper improvvisare (in modo creativo ma pertinente) richiede infatti la competenza nel saper combinare diversi elementi che, potremmo dire, sono indispensabili nello sviluppo del linguaggio, nel pianificare e analizzare la nostra creazione. Potremmo considerare l’improvvisazione una composizione istantanea, in tempo reale, e non possiamo certo pensare di lasciare al caso il suo risultato. Per qualcuno può risultare difficile, per altri più naturale, ma come sappiamo si può solo insegnare un’arte, non ad essere artisti. Quanto tutto questo per noi risulti importante dipende probabilmente dalla nostra passione e dal nostro amore per la musica. 
Gli elementi dell’improvvisazione che dovremo imparare a riconoscere e a utilizzare, in genere, vengono individuati come: Melodia – Ritmo – Espressione – Sviluppo – Accordi – Tecnica – Analisi 

A conclusione di questa chiacchierata, di questo percorso attraverso il mio libero pensiero e sentire musicale, penso sia giusto lasciare spazio alle vostre riflessioni. Sono convinto che tutta la didattica dovrebbe “far riflettere”, e non solo quella musicale. L’apprendimento e il sapere devono poter stimolare il proprio punto di vista, il ragionamento e non ultime le proprie emozioni e la crescita interiore. Mi auguro, naturalmente, di avervi lasciato qualcosa di me, delle mie conoscenze, e di aver arricchito la vostra esperienza. 

Sappiamo però che la musica non s’impara con le parole (o almeno non solo): a questo punto è necessario prendere una chitarra in mano e vedere cosa succede. Se sentite che la passione c’è, se un pochino della mia stessa passione vi ha toccati e contagiati, non esitate, iniziate il vostro corso di chitarra. Consigliarvi di seguire i miei corsi sarebbe banale… ma lo faccio lo stesso! Come avete avuto modo di constatare, negli articoli di questo blog, non sono presenti conoscenze tecniche: scale, accordi armonia, ritmo, teoria e tutto quanto necessario per l’apprendimento della musica lo trovate sui miei manuali, dove avrete modo di affrontare anche gli esercizi e le relative indicazioni per l’approfondimento. Spero, nel frattempo, vi siano utili i consigli e gli spunti di riflessione proposti fino a qui, almeno per quel tanto che basta per capire cosa vi aspettate o volete ottenere dalla musica. Mi piace considerare e suggerirvi i miei manuali di chitarra come dei laboratori, dei luoghi dove sperimentare musica e idee, fare autoapprendimento, verificare la vostra crescita senza troppe formalità e rigidità accademiche, per questo ci sono già scuole e conservatori nei quali è possibile fare bagni di omologazione. Non voglio dire che non si debba seguire un corso serio e ben strutturato, ma anche nello studio della musica e della chitarra è bene inserire un po’ di distacco e, come dicevo prima, un po’ di libero pensiero. Se sentite la necessità di un titolo ufficiale, benissimo, potete tuttavia inserire il mio laboratorio nel vostro percorso di studi. A me non resta che farvi i miei più affettuosi auguri per un futuro da chitarristi. 

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